
“Oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca… Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli”. In queste parole, pronunciate durante il Convegno della Chiesa italiana di Firenze nel 2015, da Papa Francesco – che ricordiamo nelle preghiere per la sua salute -, vedo efficacemente e profeticamente riassumersi la complessità e il compito che l’attuale fase della storia consegna a ciascuno di noi e, in particolar modo, a quanti sono più direttamente impegnati in ambito politico e sociale, tanto a livello internazionale che locale.
Il carattere inedito delle sfide di cui il Papa ci parla (si pensi solo all’intelligenza artificiale) rende evidente l’urgenza di recuperare, come origine dello stesso agire politico, una chiara prospettiva ideale concernente la persona e il senso più profondo dei suoi legami familiari sociali. In questa prospettiva è proprio l’impegno pubblico vissuto sin dagli anni giovanili, certamente all’insegna di un significativo riconoscimento popolare, insieme ai tanti errori e alle cadute di cui non cesso tuttora di portare le ferite, a rendermi sinceramente persuaso della rinnovata attualità di quel patrimonio ideale in cui la dottrina sociale della Chiesa non cessa di inscrivere l’impegno per la cosa pubblica di ogni cristiano così come di ogni uomo di buona volontà. Non si tratta di un distintivo da esibire in funzione di mere logiche di consenso, che reputerei peraltro di assai dubbia efficacia.
Il tentativo umile, ma tenace, condiviso oggi con i tanti compagni di cammino della Democrazia Cristiana nuova, è piuttosto quello di alimentare tra le pieghe del quotidiano impegno tra la gente e nelle Istituzioni, la consapevolezza che sussidiarietà e solidarietà, parole fra loro inscindibili, prima che principi verso cui orientare i modelli e le scelte del contingente agire politico, costituiscono diretta espressione dell’intangibile valore della persona e della sua naturale tensione a realizzare se stessa, secondo un infinito desiderio di felicità e di bene nel quale la politica e ogni forma di potere trovano il loro invalicabile limite.
Facciamo rotolare la pietra che schiaccia i cuori e liberiamo la speranza affinché possa pervadere i nostri animi. Amiamo il tempo che viviamo e rendiamolo nostro. In questo credo, debba riconoscersi un’originalità di pensiero e di azione che risulterebbe assai riduttivo, se non addirittura fuorviante, ascrivere, come pure sento fare di questi tempi, a categorie come “destra” o “sinistra”. Capire le ragioni di questo cambiamento vuol dire allora, specie per chi sceglie l’impegno in politica o è chiamato a servire nelle Istituzioni, mettere al centro le fragilità e le povertà e imparare a prendersene cura, in tutte le forme in cui esse oggi si manifestano.
Toto’ Cuffaro segretario nazionale della DC