
L’annuncio del Ministro dell’Istruzione sull’introduzione dell’Educazione Emotiva nelle scuole ha suscitato un’ondata di approvazione tra docenti, psicologi e famiglie. In una società sempre più frenetica, dove il tempo per fermarsi e comprendere ciò che si prova – e ciò che provano gli altri – sembra svanire tra impegni e notifiche, l’idea di offrire ai ragazzi uno spazio in cui imparare a riconoscere, gestire ed esprimere le emozioni appare non solo valida, ma indispensabile per costruire una società responsabile.
Le aule scolastiche sono oggi veri e propri microcosmi in cui si riflettono tensioni sociali, fragilità familiari e sfide individuali. I giovani, spesso lasciati soli nell’affrontare emozioni complesse, si trovano a dover gestire stress, ansia, conflitti interpersonali e disorientamento emotivo senza strumenti adeguati. In questo contesto, l’Educazione Emotiva non è un “di più”, ma un’urgenza educativa.
Tuttavia, per evitare che questa proposta resti una semplice dichiarazione di intenti – come purtroppo spesso accade con l’Educazione Civica – è fondamentale strutturarla con chiarezza ed efficacia. La proposta migliore sarebbe quella di affidare questo insegnamento a un docente unico, formato e specializzato, che possa gestire in modo continuativo e competente almeno un’ora settimanale di Educazione Emotiva e Civica.
La figura ideale per questo ruolo potrebbe essere un docente abilitato nella classe di concorso A018 (Filosofia e Scienze Umane), già esperto nell’ambito dell’educazione relazionale ed emotiva, con una solida formazione nei meccanismi psico-pedagogici che regolano il comportamento umano.
Introdurre l’Educazione Emotiva in classe non significa aggiungere un’altra materia al programma, ma coltivare un contesto educativo più sano e attento. Significa offrire ai ragazzi gli strumenti per comprendere sé stessi e gli altri, prevenire fenomeni come bullismo e violenza, e promuovere relazioni più autentiche e costruttive.
Perché ciò avvenga, serve che il Ministero non si limiti a un’indicazione generale, ma investa in figure competenti e dedicate. Un’ora alla settimana, gestita da un docente formato, potrebbe davvero rappresentare il primo passo verso una scuola più umana, empatica e capace di formare non solo studenti competenti, ma cittadini consapevoli.
L’Educazione Emotiva può essere la chiave per costruire relazioni più solide e ridurre i conflitti nelle scuole. Ma senza un’implementazione concreta e affidata a figure qualificate, rischia di rimanere l’ennesimo progetto incompiuto. È il momento di fare sul serio: i nostri ragazzi – e il nostro futuro – lo meritano.
On. Prof.ssa Simona Vietina
Segretaria Regionale Democrazia Cristiana Emilia Romagna